La malattia di Parkinson deve essere distinta dalle:
- Sindromi parkinsoniane: legate
a malattie neurodegenerative ad interessamento più diffuso;
- Sindromi parkinsoniane
sintomatiche: aventi eziologia tossica, infettiva, traumatica o
tumorale;
La malattia di parkinson può essere sia idiopatica che familiare.
I segni che la caratterizzano sono il tremore, la bradicinesia/acinesia,
la rigidità muscolare e l'instabilità posturale. Quella idiopatica, è una
malattia degenerativa la cui causa è sconosciuta e rappresenta circa il 65-70%
delle sindromi parkinsoniane.
E' causata da una lesione del locus niger (o substantia nigra) che
contiene i corpi cellulari dei neuroni dopaminergici. La depigmentazione del
niger è visibile macroscopicamente.
La prevalenza della malattia aumenta con l'età, giungendo fino all'1-2%
della popolazione oltre i 65 anni di età. L'invecchiamento è responsabile della
riduzione progressiva del numero di neuroni del locus niger, tuttavia questo
calo fisiologico non basta a rendere conto della malattia, che si manifesta
dopo una riduzione del numero di neuroni dopaminergici a meno del 20% del loro
numero iniziale.
I sintomi principali della malattia sono il risultato di un'attività
molto ridotta delle cellule che secernono dopamina, causata dalla morte
cellulare nella regione della substantia nigra.
Nel cervello vi sono 5 circuiti principali che collegano le aree
cerebrali ai gangli basali. Questi circuiti sono conosciuti come:
- Circuito Motorio: coordina soprattutto gli
aspetti del controllo motorio di natura cognitiva; ovvero la
pianificazione e la scelta del programma motorio, l'esecuzione delle
strategie motorie;
- Circuito Oculomotore: parte dall'area 8 che è nota
anche come campo oculare frontale, un’area motoria situata davanti quella
premotoria dorsale che risulta connessa con i gangli della base e a sua
volta riceve dai gangli della base. Questo circuito è alla base del controllo
dei movimenti saccadici (rapidi movimenti degli occhi);
- Circuito Associativo: le aree associative svolgono
le funzioni esecutive (il pensiero, l'intelligenza);
- Circuito Limbico: presente nella parte più
profonda e antica del telencefalo, correlato alle funzioni fondamentali
per la conservazione della specie;
- Circuito Orbitofrontale: media
risposte empatiche e socialmente appropriate;
Nella malattia di parkinson tutti questi circuiti possono essere
influenzati e questo ci spiega molti dei sintomi.
Prendiamo in considerazione il circuito motorio.
I gangli della base di solito inibiscono una vasta gamma di sistemi
motori, impedendo di attivarsi nei momenti inopportuni; quando si decide di
effettuare un movimento, l'inibizione viene sensibilmente ridotta. La dopamina
agisce per facilitare questo cambio nell'inibizione: infatti livelli elevati di
dopamina tendono a promuovere l'attività motoria, mentre bassi livelli, così
come avviene nella malattia, richiedono maggiori sforzi per compiere un
movimento. I farmaci che vengono usati per trattare la malattia, viceversa,
tendono a produrre una quantità troppo elevata di dopamina, portando i sistemi
motori ad attivarsi in momenti inappropriati causando quindi discinesia
(movimenti alterati).
L'esordio della malattia è insidioso. La diagnosi viene effettuata
facilmente se il tremore è il primo sintomo, questo avviene nell'80% dei casi.
Si tratta di un tremore a riposo, regolare, si riduce o scompare durante i
movimenti volontari, può essere accentuato dall'affaticamento, dalle emozioni e
dagli sforzi intellettivi (come il calcolo mentale) e scompare nel sonno.
L'acinesia si manifesta prevalentemente a livello del volto con amimia;
la parola spesso è ovattata, monotona, l'esplorazione del campo visivo è
assicurato dal solo movimento degli globi oculari, non accompagnato dalla
rotazione del capo. Il soggetto ha difficoltà nell'esegeuire movimenti rapidi
ed alternati, la scrittura è spesso alterata con tendenza alla micrografia.
L'ipertonia è responsabile della riduzione della mobilità passiva,
questa rigidità plastica viene definita "a tubo di piombo". Tale
ipertono influisce sui gruppi muscolari flessori e si accompagna ad una
esagerazione dei riflessi posturali. Ad uno stadio più avanzato della malattia
la predominanza dell'ipertonia determina un atteggiamento particolare con lieve
flessione in avanti del tronco e degli arti, responsabile della postura
inclinata in avanti. L'atteggiamento posturale è quello del portiere in attesa
del calcio di rigore, tecnicamente chiamato camptocormico con braccia e gambe
lievemente flesse, tronco flesso in avanti. La deambulazione prevalentemente di
tipo festinante diventa rigida, a piccoli passi, a volte con improvvise
accelerazioni o blocchi.
Questa malattia può presentare anche disturbi neuropsichiatrici, che
possono essere da lievi a gravi, che includono disturbi del linguaggio, della
cognizione, dell'umore, del comportamento e del pensiero. Un malato di
parkinson ha un rischio di soffrire di demenza da 2 a 6 volte maggiore rispetto
alla popolazione in generale.
Per il trattamento della malattia sono disponibili farmaci efficaci sui
sintomi della malattia ma privi di azione neuroprotettiva, infatti nonostante
ci sia un miglioramento funzionale, il processo degenerativo della malattia
continua con la sua evoluzione.
- Anticolinergici: sono
stati i primi farmaci usati nella malattia di parkinson. Questo trattamento è
usato solo nei primi stadi della malattia, infatti la sua azione è legata alla
correzione del disequilibrio del sistema dopaminergico e colinergico.
- Levodopa: è il
trattamento maggiormente usato, si dagli anni settanta. Poiché i sintomi motori
della malattia sono dovuti ad una mancanza di dopamina nella substantia nigra,
la somministrazione di questo farmaco diminuisce temporaneamente i sintomi
motori. Purtroppo solo una minima parte supera la barriera emato-encefalica,
mentre il resto viene metabolizzato altrove causando effetti collaterali come
nausea, discinesia e rigidità articolare. Inoltre dopo anni di trattamento
induce dei disturbi motori che portano il soggetto ad avere due fasi:
- ON fase nella quale il paziente non è bloccato;
- OFF fase nella quale il paziente è bloccato;
La levodopa è nell'immediato il trattamento maggiormente efficace per la
malattia di parkinson, ma all'inizio del trattamento bisogna essere consapevoli
che a lungo andare compariranno delle complicanze motorie sotto forma di
fluttuazioni motorie o discinesie.
La malattia si evolve in tre stadi:
- Primo periodo
"Luna di miele": della durata di circa 5-10 anni, durante il
quale la malattia è facilmente controllabile con una adeguata terapia. In
questo periodo il soggetto, se ben trattato farmacologicamente, non si
accorge di avere la malattia perché le limitazioni fisiche da essa indotte
possono essere tenute sotto controllo.
- Secondo periodo:
si estende all'incirca per i 10 anni successivi, in cui insorgono maggiori
difficoltà nel controllo dei sintomi a causa di complicanze legate alla
terapia stessa. In questo periodo il paziente manifesta una certa
difficoltà a ottenere un controllo completo sulla malattia e a correggere
gli effetti invalidanti.
- Terzo periodo:
ultimo periodo, in cui si manifestano importanti fluttuazioni motorie che
il farmaco fatica a contenere e, in alcuni casi, anche alterazioni
mentali.