martedì 23 settembre 2014

Malattia di Parkinson

La malattia di Parkinson deve essere distinta dalle:
Sindromi parkinsoniane: legate a malattie neurodegenerative ad interessamento più diffuso;
Sindromi parkinsoniane sintomatiche: aventi eziologia tossica, infettiva, traumatica o tumorale;

La malattia di parkinson può essere sia idiopatica che familiare.
I segni che la caratterizzano sono il tremore, la bradicinesia/acinesia, la rigidità muscolare e l'instabilità posturale. Quella idiopatica, è una malattia degenerativa la cui causa è sconosciuta e rappresenta circa il 65-70% delle sindromi parkinsoniane.
E' causata da una lesione del locus niger (o substantia nigra) che contiene i corpi cellulari dei neuroni dopaminergici. La depigmentazione del niger è visibile macroscopicamente.
La prevalenza della malattia aumenta con l'età, giungendo fino all'1-2% della popolazione oltre i 65 anni di età. L'invecchiamento è responsabile della riduzione progressiva del numero di neuroni del locus niger, tuttavia questo calo fisiologico non basta a rendere conto della malattia, che si manifesta dopo una riduzione del numero di neuroni dopaminergici a meno del 20% del loro numero iniziale.


I sintomi principali della malattia sono il risultato di un'attività molto ridotta delle cellule che secernono dopamina, causata dalla morte cellulare nella regione della substantia nigra.
Nel cervello vi sono 5 circuiti principali che collegano le aree cerebrali ai gangli basali. Questi circuiti sono conosciuti come:
  • Circuito Motorio: coordina soprattutto gli aspetti del controllo motorio di natura cognitiva; ovvero la pianificazione e la scelta del programma motorio, l'esecuzione delle strategie motorie;
  • Circuito Oculomotore: parte dall'area 8 che è nota anche come campo oculare frontale, un’area motoria situata davanti quella premotoria dorsale che risulta connessa con i gangli della base e a sua volta riceve dai gangli della base. Questo circuito è alla base del controllo dei movimenti saccadici (rapidi movimenti degli occhi);
  • Circuito Associativo: le aree associative svolgono le funzioni esecutive (il pensiero, l'intelligenza);
  • Circuito Limbico: presente nella parte più profonda e antica del telencefalo, correlato alle funzioni fondamentali per la conservazione della specie;
  • Circuito Orbitofrontale: media risposte empatiche e socialmente appropriate;
Nella malattia di parkinson tutti questi circuiti possono essere influenzati e questo ci spiega molti dei sintomi.
Prendiamo in considerazione il circuito motorio.
I gangli della base di solito inibiscono una vasta gamma di sistemi motori, impedendo di attivarsi nei momenti inopportuni; quando si decide di effettuare un movimento, l'inibizione viene sensibilmente ridotta. La dopamina agisce per facilitare questo cambio nell'inibizione: infatti livelli elevati di dopamina tendono a promuovere l'attività motoria, mentre bassi livelli, così come avviene nella malattia, richiedono maggiori sforzi per compiere un movimento. I farmaci che vengono usati per trattare la malattia, viceversa, tendono a produrre una quantità troppo elevata di dopamina, portando i sistemi motori ad attivarsi in momenti inappropriati causando quindi discinesia (movimenti alterati).

L'esordio della malattia è insidioso. La diagnosi viene effettuata facilmente se il tremore è il primo sintomo, questo avviene nell'80% dei casi. Si tratta di un tremore a riposo, regolare, si riduce o scompare durante i movimenti volontari, può essere accentuato dall'affaticamento, dalle emozioni e dagli sforzi intellettivi (come il calcolo mentale) e scompare nel sonno.
L'acinesia si manifesta prevalentemente a livello del volto con amimia; la parola spesso è ovattata, monotona, l'esplorazione del campo visivo è assicurato dal solo movimento degli globi oculari, non accompagnato dalla rotazione del capo. Il soggetto ha difficoltà nell'esegeuire movimenti rapidi ed alternati, la scrittura è spesso alterata con tendenza alla micrografia.
L'ipertonia è responsabile della riduzione della mobilità passiva, questa rigidità plastica viene definita "a tubo di piombo". Tale ipertono influisce sui gruppi muscolari flessori e si accompagna ad una esagerazione dei riflessi posturali. Ad uno stadio più avanzato della malattia la predominanza dell'ipertonia determina un atteggiamento particolare con lieve flessione in avanti del tronco e degli arti, responsabile della postura inclinata in avanti. L'atteggiamento posturale è quello del portiere in attesa del calcio di rigore, tecnicamente chiamato camptocormico con braccia e gambe lievemente flesse, tronco flesso in avanti. La deambulazione prevalentemente di tipo festinante diventa rigida, a piccoli passi, a volte con improvvise accelerazioni o blocchi.
Questa malattia può presentare anche disturbi neuropsichiatrici, che possono essere da lievi a gravi, che includono disturbi del linguaggio, della cognizione, dell'umore, del comportamento e del pensiero. Un malato di parkinson ha un rischio di soffrire di demenza da 2 a 6 volte maggiore rispetto alla popolazione in generale.


Per il trattamento della malattia sono disponibili farmaci efficaci sui sintomi della malattia ma privi di azione neuroprotettiva, infatti nonostante ci sia un miglioramento funzionale, il processo degenerativo della malattia continua con la sua evoluzione. 

Anticolinergici: sono stati i primi farmaci usati nella malattia di parkinson. Questo trattamento è usato solo nei primi stadi della malattia, infatti la sua azione è legata alla correzione del disequilibrio del sistema dopaminergico e colinergico.

Levodopa: è il trattamento maggiormente usato, si dagli anni settanta. Poiché i sintomi motori della malattia sono dovuti ad una mancanza di dopamina nella substantia nigra, la somministrazione di questo farmaco diminuisce temporaneamente i sintomi motori. Purtroppo solo una minima parte supera la barriera emato-encefalica, mentre il resto viene metabolizzato altrove causando effetti collaterali come nausea, discinesia e rigidità articolare. Inoltre dopo anni di trattamento induce dei disturbi motori che portano il soggetto ad avere due fasi:
- ON fase nella quale il paziente non è bloccato;
- OFF fase nella quale il paziente è bloccato;
La levodopa è nell'immediato il trattamento maggiormente efficace per la malattia di parkinson, ma all'inizio del trattamento bisogna essere consapevoli che a lungo andare compariranno delle complicanze motorie sotto forma di fluttuazioni motorie o discinesie.

La malattia si evolve in tre stadi:
  1. Primo periodo "Luna di miele": della durata di circa 5-10 anni, durante il quale la malattia è facilmente controllabile con una adeguata terapia. In questo periodo il soggetto, se ben trattato farmacologicamente, non si accorge di avere la malattia perché le limitazioni fisiche da essa indotte possono essere tenute sotto controllo.
  2. Secondo periodo: si estende all'incirca per i 10 anni successivi, in cui insorgono maggiori difficoltà nel controllo dei sintomi a causa di complicanze legate alla terapia stessa. In questo periodo il paziente manifesta una certa difficoltà a ottenere un controllo completo sulla malattia e a correggere gli effetti invalidanti.
  3. Terzo periodo: ultimo periodo, in cui si manifestano importanti fluttuazioni motorie che il farmaco fatica a contenere e, in alcuni casi, anche alterazioni mentali.