martedì 23 settembre 2014

Malattia di Parkinson

La malattia di Parkinson deve essere distinta dalle:
Sindromi parkinsoniane: legate a malattie neurodegenerative ad interessamento più diffuso;
Sindromi parkinsoniane sintomatiche: aventi eziologia tossica, infettiva, traumatica o tumorale;

La malattia di parkinson può essere sia idiopatica che familiare.
I segni che la caratterizzano sono il tremore, la bradicinesia/acinesia, la rigidità muscolare e l'instabilità posturale. Quella idiopatica, è una malattia degenerativa la cui causa è sconosciuta e rappresenta circa il 65-70% delle sindromi parkinsoniane.
E' causata da una lesione del locus niger (o substantia nigra) che contiene i corpi cellulari dei neuroni dopaminergici. La depigmentazione del niger è visibile macroscopicamente.
La prevalenza della malattia aumenta con l'età, giungendo fino all'1-2% della popolazione oltre i 65 anni di età. L'invecchiamento è responsabile della riduzione progressiva del numero di neuroni del locus niger, tuttavia questo calo fisiologico non basta a rendere conto della malattia, che si manifesta dopo una riduzione del numero di neuroni dopaminergici a meno del 20% del loro numero iniziale.


I sintomi principali della malattia sono il risultato di un'attività molto ridotta delle cellule che secernono dopamina, causata dalla morte cellulare nella regione della substantia nigra.
Nel cervello vi sono 5 circuiti principali che collegano le aree cerebrali ai gangli basali. Questi circuiti sono conosciuti come:
  • Circuito Motorio: coordina soprattutto gli aspetti del controllo motorio di natura cognitiva; ovvero la pianificazione e la scelta del programma motorio, l'esecuzione delle strategie motorie;
  • Circuito Oculomotore: parte dall'area 8 che è nota anche come campo oculare frontale, un’area motoria situata davanti quella premotoria dorsale che risulta connessa con i gangli della base e a sua volta riceve dai gangli della base. Questo circuito è alla base del controllo dei movimenti saccadici (rapidi movimenti degli occhi);
  • Circuito Associativo: le aree associative svolgono le funzioni esecutive (il pensiero, l'intelligenza);
  • Circuito Limbico: presente nella parte più profonda e antica del telencefalo, correlato alle funzioni fondamentali per la conservazione della specie;
  • Circuito Orbitofrontale: media risposte empatiche e socialmente appropriate;
Nella malattia di parkinson tutti questi circuiti possono essere influenzati e questo ci spiega molti dei sintomi.
Prendiamo in considerazione il circuito motorio.
I gangli della base di solito inibiscono una vasta gamma di sistemi motori, impedendo di attivarsi nei momenti inopportuni; quando si decide di effettuare un movimento, l'inibizione viene sensibilmente ridotta. La dopamina agisce per facilitare questo cambio nell'inibizione: infatti livelli elevati di dopamina tendono a promuovere l'attività motoria, mentre bassi livelli, così come avviene nella malattia, richiedono maggiori sforzi per compiere un movimento. I farmaci che vengono usati per trattare la malattia, viceversa, tendono a produrre una quantità troppo elevata di dopamina, portando i sistemi motori ad attivarsi in momenti inappropriati causando quindi discinesia (movimenti alterati).

L'esordio della malattia è insidioso. La diagnosi viene effettuata facilmente se il tremore è il primo sintomo, questo avviene nell'80% dei casi. Si tratta di un tremore a riposo, regolare, si riduce o scompare durante i movimenti volontari, può essere accentuato dall'affaticamento, dalle emozioni e dagli sforzi intellettivi (come il calcolo mentale) e scompare nel sonno.
L'acinesia si manifesta prevalentemente a livello del volto con amimia; la parola spesso è ovattata, monotona, l'esplorazione del campo visivo è assicurato dal solo movimento degli globi oculari, non accompagnato dalla rotazione del capo. Il soggetto ha difficoltà nell'esegeuire movimenti rapidi ed alternati, la scrittura è spesso alterata con tendenza alla micrografia.
L'ipertonia è responsabile della riduzione della mobilità passiva, questa rigidità plastica viene definita "a tubo di piombo". Tale ipertono influisce sui gruppi muscolari flessori e si accompagna ad una esagerazione dei riflessi posturali. Ad uno stadio più avanzato della malattia la predominanza dell'ipertonia determina un atteggiamento particolare con lieve flessione in avanti del tronco e degli arti, responsabile della postura inclinata in avanti. L'atteggiamento posturale è quello del portiere in attesa del calcio di rigore, tecnicamente chiamato camptocormico con braccia e gambe lievemente flesse, tronco flesso in avanti. La deambulazione prevalentemente di tipo festinante diventa rigida, a piccoli passi, a volte con improvvise accelerazioni o blocchi.
Questa malattia può presentare anche disturbi neuropsichiatrici, che possono essere da lievi a gravi, che includono disturbi del linguaggio, della cognizione, dell'umore, del comportamento e del pensiero. Un malato di parkinson ha un rischio di soffrire di demenza da 2 a 6 volte maggiore rispetto alla popolazione in generale.


Per il trattamento della malattia sono disponibili farmaci efficaci sui sintomi della malattia ma privi di azione neuroprotettiva, infatti nonostante ci sia un miglioramento funzionale, il processo degenerativo della malattia continua con la sua evoluzione. 

Anticolinergici: sono stati i primi farmaci usati nella malattia di parkinson. Questo trattamento è usato solo nei primi stadi della malattia, infatti la sua azione è legata alla correzione del disequilibrio del sistema dopaminergico e colinergico.

Levodopa: è il trattamento maggiormente usato, si dagli anni settanta. Poiché i sintomi motori della malattia sono dovuti ad una mancanza di dopamina nella substantia nigra, la somministrazione di questo farmaco diminuisce temporaneamente i sintomi motori. Purtroppo solo una minima parte supera la barriera emato-encefalica, mentre il resto viene metabolizzato altrove causando effetti collaterali come nausea, discinesia e rigidità articolare. Inoltre dopo anni di trattamento induce dei disturbi motori che portano il soggetto ad avere due fasi:
- ON fase nella quale il paziente non è bloccato;
- OFF fase nella quale il paziente è bloccato;
La levodopa è nell'immediato il trattamento maggiormente efficace per la malattia di parkinson, ma all'inizio del trattamento bisogna essere consapevoli che a lungo andare compariranno delle complicanze motorie sotto forma di fluttuazioni motorie o discinesie.

La malattia si evolve in tre stadi:
  1. Primo periodo "Luna di miele": della durata di circa 5-10 anni, durante il quale la malattia è facilmente controllabile con una adeguata terapia. In questo periodo il soggetto, se ben trattato farmacologicamente, non si accorge di avere la malattia perché le limitazioni fisiche da essa indotte possono essere tenute sotto controllo.
  2. Secondo periodo: si estende all'incirca per i 10 anni successivi, in cui insorgono maggiori difficoltà nel controllo dei sintomi a causa di complicanze legate alla terapia stessa. In questo periodo il paziente manifesta una certa difficoltà a ottenere un controllo completo sulla malattia e a correggere gli effetti invalidanti.
  3. Terzo periodo: ultimo periodo, in cui si manifestano importanti fluttuazioni motorie che il farmaco fatica a contenere e, in alcuni casi, anche alterazioni mentali.

giovedì 3 aprile 2014

Terapie infiltrative

Al fine di iniettare in maniera sicura e precisa i farmaci (anestetici locali e potenti antinfiammatori steroidei) nelle strutture della colonna vertebrale responsabili della sintomatologia dolorosa, si utilizza uno strumento chiamato fluoroscopio, che sfrutta i raggi X per consentire all'operatore di visualizzare le strutture della colonna vertebrale e l'ago. Questo approccio molto preciso, sostituisce le tradizionali infiltrazioni “alla cieca” eseguite in passato. Possono essere praticate 3 tipologie di infiltrazioni:

  • Infiltrazioni peridurali
  • Infiltrazioni delle faccette articolari
  • Infiltrazioni delle articolazioni sacro-iliache



L'infiltrazione peridurale (o epidurale) è un'opzione terapeutica non chirurgica che può fornire una riduzione del dolore radicolare di breve o lunga durata. Quando I nervi spinali sono irritati da una patologia della colonna che causa compressione sulle radici nervose (come un'ernia del disco o una stenosi del canale) clinicamente si può manifestare una lombalgia acuta o cronica e il dolore può irradiarsi ad un arto con intorpidimento e debolezza muscolare. Prima di prendere in considerazione un intervento chirurgico per alleviare i sintomi è raccomandata la valutazione di trattamenti non chirurgici. L'infiltrazione peridurale è uno di questi.
Tale tipo di infiltrazione richiede la somministrazione di un farmaco antinfiammatorio, tipicamente un cortisonico associato ad un anestetico locale, direttamente nell'area circostante la radice nervosa irritata che sta causando il dolore. Quest'area è chiamata spazio peridurale e circonda la membrana protettiva, la dura madre, che copre i nervi spinali e le radici nervose. Il cortisone riduce l’irritazione del nervo inibendo la produzione di proteine che causano infiammazione; l'anestetico locale blocca la conduzione nervosa nell'area in cui è applicato, riducendo la sensazione dolorosa.
Un'infiltrazione peridurale può essere eseguita per ragioni diagnostiche o terapeutiche:
• Iniettando I farmaci intorno ad una specifica radice nervosa, si può determinare se quella particolare radice è l’origine del dolore.
• Quando è utilizzata per motivi terapeutici, l’infiltrazione peridurale può fornire una riduzione del dolore di breve o lunga durata, cioè per un periodo che va da alcune settimane a diversi mesi. In alcuni casi una infiltrazione peridurale può interrompere il circolo dell’infiammazione e garantire una analgesia permanente.
È importante notare, comunque, che l'infiltrazione peridurale non è da considerarsi una “cura” per i sintomi associati a compressione midollare. Piuttosto è uno strumento terapeutico che può servire ad alleviare il dolore, mentre la causa del problema verrà trattata con un programma riabilitativo o nell’attesa di considerare altre scelte terapeutiche invasive o chirurgiche.

Molte strutture sanitarie dispongono di medici specialisti in terapia del dolore (di solito anestesisti) in grado di eseguire correttamente una infiltrazione peridurale.







Solitamente l’infiltrazione peridurale viene eseguita in day-hospital o in ambulatorio e con tale procedura:1. Il paziente viene posizionato in modo da fornire al medico un comodo accesso all'area della colonna da trattare. Di solito il paziente è seduto con la schiena in flessione e le braccia che abbracciano un cuscino posto sulle ginocchia. Può anche essere eseguita con il paziente in posizione prona o sdraiato sul fianco con le ginocchia raccolte.
2. Si disinfetta la cute con una soluzione antisettica nell'area dove verrà eseguita l’infiltrazione.
3. Si esegue una anestesia locale del punto di infiltrazione.
4. Si dirige l’ago apposito verso lo spazio peridurale con o senza l’ausilio di un fluoroscopio (un apparecchio che sfruttando I raggi X permette di visualizzare l’ago e le strutture ossee).
5. Si può iniettare una piccola dose di mezzo di contrasto per confermare la corretta posizione dell’ago.
6. Si inietta quindi la soluzione di anestetico locale/cortisonico nello spazio peridurale.
7. Si rimuove l’ago, si disinfetta la cute e si appone una piccola medicazione protettiva.


La procedura di solito richiede circa 15-30 minuti. Dopo l’infiltrazione il paziente verrà monitorato per circa 30-60 minuti. Dopo l’infiltrazione il paziente non deve guidare, è quindi meglio essere accompagnati. È necessario evitare attività pesanti durante tutta la giornata. Il medico saprà fornire eventuali altri consigli o raccomandazioni specifici caso per caso. Per ottimizzare il risultato e ridurre i rischi è importante che il paziente segua tali raccomandazioni.

È possibile avvertire un lieve senso di intorpidimento o di debolezza alle gambe dopo l’infiltrazione. Questo è un effetto temporaneo legato all'uso dell’anestetico locale, e si risolve in genere nell'arco di 1-8 ore. Il dolore può anche peggiorare nelle successive 24-48 ore. Generalmente gli effetti positivi si vedono dopo 24-72 ore dall'infiltrazione.
Se dopo l'infiltrazione si ottiene una buona analgesia per un periodo di tempo breve, questa può essere ripetuta. Di solito vengono eseguite circa tre infiltrazioni in un anno. L’intervallo di tempo tra una e l’altra dipenderà dalla durata dell’analgesia.

giovedì 6 febbraio 2014

Ernia Discale: Tipologie, segni e sintomi

L’ernia discale può essere data da una sporgenza circoscritta del disco o una fuoriuscita parziale o totale del nucleo polposo fuori dai limiti del disco. Essa si verifica in un disco più o meno degenerato e fessurato e le incidenze di sviluppo sono comprese per lo più tra 30 e 50 anni.
Si distinguono tre tipi di ernia:
-Contenuta
-Espulsa
-Migrata




L’ernia contenuta è la forma più frequente. Il nucleo polposo si incunea nelle fessurazioni dell’anello fibroso e giunge a contatto della porzione più esterna di esso, ma non la perfora.
Nell’ernia espulsa il tessuto erniato fuoriesce parzialmente o completamente dai limiti del disco, ma non migra a distanza da esso, nel canale vertebrale. Si verifica quando le fessurazioni sono presenti anche nella porzione più periferica dell’anello fibroso.
L’ernia migrata è quella in cui il frammento espulso si distacca completamente dal disco e migra a distanza da esso. Il frammento può migrare nel canale spinale verso l’alto o verso il basso rispetto al disco o nel forame intervertebrale.
L’ernia, in base alla zona di sviluppo, sarà di tipo:
-Mediana: si sviluppa nella porzione centrale del disco.
-Postero-laterale: si sviluppa nella porzione laterale della faccia posteriore del disco.
-Intraforaminale: occupa la regione del forame intervertebrale.

Un’ernia discale lombare è una condizione patologica che causa una compressione di una o più radici che decorrono nel canale spinale lombare.
I dischi più spesso interessati sono L4-L5 (penultimo), L5-S1 (ultimo) e, meno frequentemente L3-L4 (terzultimo). La maggiore frequenza delle ernie negli ultimi due dischi è probabilmente dovuta alla maggiore frequenza con cui essi degenerano. L’ernia può essere di qualsiasi tipo: contenuta, espulsa o migrata. Le ernie più comuni sono quelle contenute od espulse, situate in sede postero-laterale. Esse comprimono solo o essenzialmente la radice che emerge dal sacco durale a livello del disco intervertebrale interessato.

Sintomi e segni clinici comuni
Le ernie L4-L5 e L5-S1 determinano, di solito lombosciatagia o solo sciatalgia (dolore all’arto inferiore sulla zona posteriore o laterale). L’ernia L3-L4 determina lombocruralgia o solo cruralgia (dolore nella regione anteriore dell’arto).
Una lombocruralgia può essere causata anche da un’ernia intraforaminale L4-L5, un'ernia contenuta o espulsa determina di solito anche lombalgia, invece un’ernia migrata causa generalmente solo dolore radicolare.
Vi può essere scoliosi antalgica (inclinazione della colonna lombare verso un lato), riduzione della flessione in avanti del tronco per dolore alla colonna o all’arto inferiore e positività delle manovre cliniche di stiramento delle radici nervose lombari all’esame obiettivo.

Sintomi e segni clinici specifici
  • Ernia L4-L5.
Un’ernia postero-laterale comprime la radice L5. Il dolore e i disturbi della sensibilità cutanea (addormentamento, formicolio) sono localizzati nella regione posteriore della coscia e laterale della gamba e, talvolta, anche nella parte interna del dorso del piede e all’alluce. In fase di deficit, vi è ridotta forza di estensione dell’alluce e, meno frequentemente, di flessione dorsale contrastata del piede. In presenza di un grave deficit muscolare, il paziente può avere difficoltà a deambulare per ridotta capacità o incapacità a flettere dorsalmente il piede (piede cadente). Vi può essere minore sensibilità sulla porzione interna del dorso del piede e sull’alluce.
  • Ernia L5-S1.
Un’ernia postero-laterale comprime la radice S1. Il dolore e i disturbi sensitivi sono localizzati nella regione posteriore della coscia e della gamba, o anche nella regione laterale del dorso del piede e pianta del piede. La S1 determina il riflesso del tendine di Achille. Nelle sindromi deficitarie, vi può essere ridotta capacità o incapacità a sollevarsi sulla punta del piede del lato affetto. Il riflesso achilleo può essere ridotto o assente e in questo caso la sensibilità cutanea è ridotta sulla faccia laterale del dorso del piede.
  • Ernia L3-L4.
Un’ernia postero-laterale comprime la radice L4, che innerva la cute della faccia anteriore della coscia e della faccia interna della gamba. Il paziente lamenta dolore cruralgico (coscia anteriore) che aumenta nella flessione del ginocchio in posizione prona ed eventuale ipoestesia nella faccia interna della gamba. Nelle compressioni radicolari molto marcate vi può essere riduzione della forza di estensione del ginocchio (cedimento del ginocchio) per ridotta forza del quadricipite. Il riflesso rotuleo può essere ridotto o assente. Vi può essere minore sensibilità sulla faccia interna della gamba.
  • Ernia intraforaminale L4-L5.
È l’ernia intraforaminale più comune. Essa comprime la radice L4 quando fuoriesce dal canale vertebrale attraverso il forame intervertebrale L4-L5. Il quadro clinico è uguale a quello prodotto da un’ernia postero-laterale L3-L4.

La diagnosi strumentale si effettua di solito con la risonanza magnetica (RM) del rachide lombare. Anche la TAC può essere, in alcuni casi, sufficiente. L’elettromiografia (EMG) può essere utile per documentare un deficit muscolare od escludere altre patologie neurologiche.

lunedì 13 gennaio 2014

Patologie midollari

Il midollo è la porzione più caudale del sistema nervoso centrale e mantiene la conformazione cilindrica del tubo neurale da cui deriva. E' posto nel canale vertebrale, estendendosi da subito sotto il foro occipitale fino a livello del corpo della vertebra lombare. Il midollo spinale è rivestito in superficie da involucri connettivali riccamente vascolarizzati, le meningi spinali, insieme alle quali occupa il canale vertebrale. E' connesso alla periferia da 33 paia di nervi spinali. Ha colore bianco e una lunghezza media di 45 cm, con diametro antero-posteriore di 1 cm ed uno trasverso di 1,2 cm. Pesa circa 28 grammi. Il midollo spinale è flessibile, elastico e più consistente dell'encefalo; ciò è dovuto soprattutto alla compatta disposizione periferica della sua sostanza bianca.


Continua cranialmente con il bulbo (che rappresenta la parte più caudale del tronco encefalico), il confine con il quale è dato da un piano orizzontale immaginario passante ad uguale distanza tra l'emergenza dell'ultimo paio dei nervi encefalici (nervo ipoglosso) e quella del I paio di nervi spinali (nervo I cervicale).
Inferiormente, a livello lombare, il midollo si restringe nel cono midollare e continua con un lungo e sottile filamento fibroso, denominato filo terminale, che termina sulla faccia dorsale del coccige mediante il legamento coccigeo, formatosi attorno alle tre meningi spinali fuse in un'unica guaina, la guaina terminale. Prende il nome di "cauda equina" l'insieme delle ultime radici dei nervi spinali che, con lunghissimo decorso verticale, si portano ai fori intervertebrali d'emergenza decorrendo ai lati del filamento terminale. Protetto dalle meningi spinali e dal liquido cefalorachidiano e grazie ai suoi mezzi di fissità, il midollo spinale segue la colonna vertebrale in tutti i suoi movimenti, senza entrate mai in contatto con le superfici ossee.
Esistono diversi tipi di Mielopatie:
  • SIRINGOMIELIA:
Patologica formazione di una o più cavità nel midollo spinale, orientata verso il suo asse maggiore. Spesso la cavità è situata in prossimità del canale centrale, che a volte è inglobato. La cavità, riempita di liquido, non rivestito da ependima, interessa, totalmente od in parte la sostanza grigia del midollo spinale. La sede più colpita è a livello cervicale e dorsale.
La siringomielia è la conseguenza di una perturbazione dell'idrodinamica del liquido cefalo rachidiano. La cavità può prolungarsi nel tronco cerebrale (siringobulbia) con i segni tipici della lesione.


  • MALFORMAZIONE DI ARNLOD-CHIARI:
E' un insieme di segni e sintomi associato ad una rara malformazione della fossa cranica posteriore che normalmente contiene il tronco encefalico ed il cervelletto. Se questa è poco sviluppata, le strutture encefaliche erniano attraverso il forame magno (apertura alla base del cranio) ed entrano nel canale spinale. Tale malformazione può essere associata ad altre condizioni patologiche, quali il mielo-meningocele, la siringomielia, la spina bifida e l'idrocefalo.


  • PARAPARESI SPASTICHE EREDITARIE:
Presentano nella forma pura compromissione neurologica limitata ad ipostenia e spasticità progressiva degli arti inferiori, vescica spastica e riduzione della sensibilità vibratoria e chinestetica degli arti inferiori; nella forma complicata vi è la presenza di altri segni neurologici con interessamento di altri sistemi funzionali.

  • MIELITE ACUTA TRASVERSA:
Sindrome nella quale un'infiammazione acuta colpisce la sostanza grigia e bianca del midollo in uno o più segmenti toracici adiacenti.

  • ENCEFALITE ACUTA DEMIELINIZZANTE:
Sindrome nella quale un'infiammazione acuta demielinizzante colpisce la sostanza bianca in uno o più segmenti.

  • TABE DORSALE:
Manifestazione della sifilide tardiva, frequente prima dell'era antibiotica.

  • POLIOMIELITE:
Grave malattia infettiva a carico del sistema nervoso centrale che colpisce soprattutto i neuroni motori del midollo spinale in modo disomogeneo (l'ultimo caso risale negli USA nel 1979, mentre in Italia nel 1982). La malattia è causata da tre polio-virus; la maggior parte delle persone infettate non mostrano alcun sintomo ma eliminano il virus attraverso le feci disseminandolo nell'ambiente.

  • LESIONE TRASVERSA ACUTA:
Tale lesione comporta una paralisi flaccida immediata, unitamente alla perdita di tutte le sensibilità e dei riflessi al d sotto del trauma (shock spinale). Nel giro di ore o di giorni, la paralisi flaccida si modifica gradualmente in paraplegia spastica.

  • COMPRESSIONI MIDOLLARI:
Diverse sono le cause di compressione del midollo spinale. Traumatismi e tumori hanno ovvi meccanismi di compressione e si possono manifestare in modo acuto o subdolo, con difficoltà a muovere gli arti, chiara difficoltà a percepire la normale sensibilità su tronco e gambe, incapacità a governare bene la funzione urinaria.

  • SINDROME DELLA CAUDA EQUINA:
E' una condizione neurologica caratterizzata da una perdita acuta della funzione del plesso lombare in conseguenza di una lesione delle radici dei nervi spinali localizzati all'interno del canale vertebrale, caudalmente al termine del midollo spinale, nella cosidderra cauda equina. Causata da compressioni, tumori o aracnoiditi, tale sindrome si presenta con disturbi sensitivi soggettivi (dolore radicolare accentuato al movimento), disturbi sensitivi oggettivi (anestesia a sella), disturbi motori, ipotrofia muscolare, abolizione del riflesso osteotendineo, disturbi sfinterici.

giovedì 12 dicembre 2013

Lussazione scapolomerale

La lussazione avviene per la perdita dei rapporti tra i capi articolari e costituisce il 50% di tutti gli eventi lussativi, nel 90% si tratta di una lussazione anteriore.
Il primo episodio è quasi sempre legato a traumi acuti, spesso evolve in lussazione recidivante. Il trauma acuto è dovuto alla caduta sul braccio, abdotto ed extra-ruotato, sul gomito o direttamente sulla spalla. La perdita dei rapporti articolari avviene sempre con una lacerazione della capsula. Dopo l'evento si osservano "stupor" muscolare, una certa tensione di difesa, deformità del contorno articolare e cavità glenoidea vuota. Sono presenti dolore, tumefazione e impotenza funzionale. La clinica nutre il sospetto di lussazione basandosi sull'anamnesi del soggetto, mentre la diagnostica strumentale con esame radiografico trans-scapolare ed eventuale TAC conferma il sospetto e permette di evidenziare o escludere eventuali lesioni associate a carico delle strutture molli ossee. Sono temibili le complicanze da lesioni vascolari (arteria ascellare) e nervose (nervo circonflesso).
La rapida riduzione con tecnica accurata deve essere sempre lasciata a mano esperta, per il rischio di provocare lesioni aggravate da manovre scorrette. Successivamente viene osservato un periodo di immobilizzazione con tutore per 2-3 settimane nel soggetto giovane, mentre nell'anziano l'immobilizzazione avviene per mezzo di un bendaggio desault per alcuni giorni. Nelle forme acute in caso di lesioni associate si procede per la loro riparazione, mentre nelle forme recidive alla capsuloraffia con tecniche artroscopiche o a cielo aperto.


Rigidità di spalla

La rigidità di spalla o spalla congelata (Frozen Shoulder) comporta una perdita del range articolare per causa non certa (primitiva), fattori intrinseci o estrinseci, traumatica/chirurgica (secondaria). Primitiva o secondaria è la rigidità che determina la diagnosi. La forma primaria prevale nel sesso femminile e si sviluppa senza causa identificabile attraverso una prima fase dolorosa con inizio della rigidità, una seconda fase senza dolore ma solo con rigidità e una terza fase di risoluzione della rigidità. Sul piano anatomopatologico si distinguono 4 stadi:
- Sinovite capsulare;
- Aderenze capsulari al collo anatomico;
- Retrazione con "congelamento";
- Capsulite cronica;

Il dolore è ingravescente e porta ad una graduale riduzione della mobilità glenomerale, perdita del ritmo scapolomerale fino alla rigidità.
Va trattato in prima istanza con farmaci antinfiammatori per via sistemica, infiltrazioni con corticosteroidi per il controllo del dolore e successivamente massaggi del tratto cervicale.Alla soluzione della fase più dolorosa si può passare alla riabilitazione mirata.


lunedì 9 dicembre 2013

Coxartrosi

La coxartrosi è la lesione degenerativa della cartilagine articolare a livello coxofemorale con un interessamento dell'acetabolo (nota anche come cotile, formato dalla fusione delle ossa ileo, ischio e pube, che contiene la testa del femore) e della testa femorale. L'eziopatogenesi è sempre e solo meccanica, soprattutto relativa alle forze da carico. L'evoluzione con sinovite reattiva e progressiva distruzione porta verso l'erosione dell'osso subcondrale (con successiva formazione di geodi). Si osservano sinoviti a poussées, alle quali segue il rifacimento dell'osso subcondrale con sclerosi nelle zone di maggior sollecitazione meccanica e apposizioni osteofitiche.
La coxartrosi primaria è senza cause identificabili, mentre la secondaria si verifica a partire da una condizione predisponente con alterazione della congruenza articolare su cui agiscono sollecitazioni alterate a livello cartilagineo con danno irreparabile (artrosi). Le cause predisponenti alla forma secondaria sono la displasia (anormale sviluppo cellulare osseo), la necrosi cefalica femorale post-traumatica, la deformità dell'angolatura del collo femorale in varo/valgo.
La pericoxite, invece consiste nell'interessamento dei tessuti molli (muscoli, tendini, inserzioni e borse), che diventano dolorose e limitano ulteriormente la funzionalità.
Il dolore è generato da sinovite, da iperemia capsulare e ossea, anche da stimolazione nocicettiva di recettori a livello del periostio con comparsa di dolore pericoxale irradiato a distanza (soprattutto al ginocchio).
Nella fase iniziale prevale la rigidità mattutina con dolore all'avvio della deambulazione che si risolve con il movimento. Successivamente compare il dolore al carico con limitazione funzionale solo in corso di carichi elevati, prolungati o intensi, con affaticamento e limitazioni funzionali alla corsa e al salto; sensibilità a freddo e umido. Inoltre si sviluppa dolore sotto carico e durante il movimento, contratture, limitazione del ROM, caludicatio. Questa sintomatologia non è più responsiva al riposo e alla terapia (calore, fisiocinesiterapia), ma servono FANS e cammino in scarico con bastone. Successivamente, se il dolore diventa persistente, si instaurano rigidità su base antalgica e da non-uso, intolleranza al carico prolungato, limitazioni nelle ADL (attività di vita quotidiana). In queste condizioni possono esserci le indicazioni all'intervento chirurgico.